Chi è lo psicologo che lavora in ambito sportivo e di che cosa si occupa

All’interno del mondo dello sport, la figura dello Psicologo sta prendendo sempre più campo e diversi  sono i motivi di questo crescente coinvolgimento. In primo luogo, grazie ad una corretta informazione sulla figura dello psicologo che sta abbattendo numerosi pregiudizi (“A me non serve lo Psicologo dello Sport! Non ho mica problemi!” o “Sto benissimo. Non ho certo l’ansia! quindi a che mi serve? ”o ancora “Mica sono un professionista!”).

La psicologia dello sport è una disciplina relativamente giovane che si è conquistata uno spazio di autonomia all’interno della psicologia. Rientra nella classe della Psicologia Applicata, studia il comportamento umano e i processi psichici nell’ambito dello sviluppo psico-fisico e dell’attività sportiva.

Lo psicologo non è un nemico dello sport, semmai un valido alleato che mette a disposizione la sua specifica formazione per aiutare gli atleti a incrementare la performance individuale o di gruppo. A conferma di ciò, la cronaca degli ultimi decenni riporta sempre più spesso la testimonianza di atleti olimpionici che si sono avvalsi del sostegno di uno psicologo dello sport per migliorare la propria performance. Ad oggi, sono tante le ricerche scientifiche che dimostrano come le abilità mentali possono essere allenate e potenziate, incidendo positivamente sulla prestazione. Infatti, a fianco dell’intensa  attività di ricerca si è fatto spazio il lavoro sul campo, che ha permesso la nascita di diverse tecniche e metodologie in grado di potenziare e migliorare il livello di performance degli atleti e delle squadre di varie discipline. Ma la psicologia dello sport rappresenta una valida risorsa non solo per chi pratica una disciplina ad alti livelli ma anche per tutti coloro che praticano sport, amatori e nonche lavorano nel mondo sportivo (allenatori, dirigenti, tecnici, arbitri, medici, personal trainers, nutrizionisti, etc..) o che vivono il mondo dello sport, per esempio i genitori, possono usufruirne e trarne grandi vantaggi. Quest’ultimi, quando si parla del settore giovanile, rappresentano il target chiave nel lavoro con i più giovani, dal momento che l’obiettivo del lavoro con i bambini e i ragazzi non è tanto la performance quanto piuttosto un sano sviluppo.

Ma il lavoro dello psicologo dello sport spazia anche in altri settori:

  • Area della Terza età: per gli anziani, promuovendo ad esempio lo sviluppo di politiche di promozione dello sport;
  • Area della Riabilitazione (psicotraumatologia): per chi si trova alle prese con la ripresa da un infortunio. In questo settore, lo psicologo interviene sul trauma, sulle paure, sull’ansia da prestazione e sulla perdita di autostima che spesso rendono difficile il ritorno all’attività, ben oltre i tempi fisiologici della riabilitazione fisica.;
  • Area della Disabilità: per le persone con disabilità motorie e cognitive;
  • Area del Fitness: educare a stili di vita attiva e incoraggiare l’adesione a programmi per il fitness, sviluppando o rafforzando delle importanti modalità di cura di sè
  • Area del Wellness: per coloro che praticano attività motoria  al fine di ottenere e mantenere uno stato di benessere psicofisico;
  • Area della ricerca: per promuovere l’ideazione e l’applicazione di metodologie e tecniche sempre più appropriate, aggiornate e trasversali alle aree su menzionate.

Pertanto, seppur nella diversità degli ambiti di applicazione e di obiettivi, lo psicologo e la psicologia dello sport si rivolgono a tutti coloro che praticano attività fisica e/o sportiva direttamente e a tutti quelli che ne sono coinvolti indirettamente (allenatori, istruttori, genitori).

Ragione per cui, risulta importante che lo psicologo abbia un’opportuna. Nello scenario attuale, l’ attenzione agli aspetti psicologici della prestazione se da un lato ha fatto crescere il coinvolgimento e il riconoscimento della categoria professionale, dall’altro ha innescato il proliferarsi di nuove figure, di professionisti della mente  senza alcuna formazione e laurea psicologica. Da qui la necessità di un riconoscimento istituzionale della figura dello psicologo dello sport.

 

 

Il ruolo della famiglia nello sport: genitori sportivi non si nasce…. si diventa!

 

Quando parliamo di bambini e sport, non possiamo fare a meno di pensare ai genitori e al loro prezioso contributo nella crescita sportiva dei figli. E’ all’ interno del sistema familiare che i più piccoli imparano a fronteggiare le diverse sfide che la vita propone loro: i genitori sono per i figli una guida, un riferimento imprescindibile per uno sviluppo sano. Sentirsi sostenuti e incoraggiati dalla propria famiglia promuove nei bambini un atteggiamento di fiducia che permette loro di buttarsi e sperimentarsi nelle varie situazioni quotidiane. Anche cimentarsi in una disciplina sportiva è un’esperienza che dipende dalla propria famiglia: è per mezzo di quest’ultima che i più piccoli arrivano a fare sport ma soprattutto che continuano a praticarlo negli anni. E visto che lo sport, dopo la scuola, è il luogo in cui i più giovani passano gran parte del loro tempo, come possono i genitori motivare e supportare i propri figli affinché l’esperienza sportiva possa essere positiva e formativa? Genitori sportivi non si nasce ma lo si può diventare. In primo luogo, è fondamentale che il genitore svolga un ruolo di sostegno senza però sovrapporsi o peggio ancora sostituirsi alla figura dell’allenatore poiché quest’ultimo, nel contesto sportivo, rappresenta un modello efficace. Se i genitori in primis non ne riconoscono il ruolo, come possiamo pensare che lo facciano i figli? I bambini imparano dal comportamento di mamma e babbo: se quest’ultimi sono capaci di affidarsi all’allenatore, riconoscendone il valore e rispettandone le scelte sportive, sicuramente anche i figli riusciranno a fare altrettanto: la fiducia genera fiducia. Non solo. Il fatto di “delegare” o meglio condividere con un altro adulto significativo, qual è l’allenatore, l’educazione dei propri piccoli, accresce in quest’ultimi la percezione di autoefficacia e sostiene lo sviluppo dell’autostima, poiché i bambini apprendono che possono farcela anche senza l’aiuto diretto dei genitori, seppur consapevoli di poter contare sul lor appoggio ogni volta che ce ne sia bisogno. E sempre partendo dal presupposto che i giovanissimi imparano per imitazione e quindi dal comportamento degli adulti, non bisogna assolutamente dimenticarsi di offrire loro il buon esempio: anche se durante l’allenamento o la partita i bambini sono in carico all’ allenatore, i genitori restano comunque le loro guide principali. Comportarsi in maniera violenta fuori dal campo, autorizza e legittima i più piccoli a fare altrettanto. Purtroppo sono sempre più numerosi gli articoli di cronaca in cui padri di famiglia – qualche volta anche madri- sbraitano con toni oltraggiosi verso l’arbitro o l’allenatore mettendo in discussione il loro operato, o peggio ancora offendono verbalmente i giocatori della squadra avversaria che potrebbero essere i loro figli. La domanda sorge spontanea: cosa muove tali comportamenti? E’ solo la delega di responsabilità a fare da detonatore? Probabilmente no. Troppo spesso capita di proiettare sui figli gli obiettivi che non sono stati raggiunti, nel tentativo di una rivalsa personale, caricando così i più piccoli di pressioni e aspettative che li tengono lontani dal divertimento e da una crescita sana. Infatti, questa situazione espone i bambini ad un forte stress che può condurli ad un abbandono precoce del mondo sportivo, prendendone le distanze anche per molti anni. Quando parliamo di piccoli atleti l’obiettivo primario deve essere quello di farli divertire in un ambiente sereno e sano. Per ottenere questo, ancora una volta, fondamentali sono gli adulti significativi che circondano il giovane sportivo. Se questi da una parte suggeriscono di divertirsi, ma poi si arrabbiano quando il risultato atteso non viene raggiunto, allora trasmettono valori contraddittori e negativi.
Naturalmente desiderare che un figlio arrivi ad ottenere ottimi risultati è normale, ma questo non è sempre sinonimo di vittoria: anche una sconfitta può essere un risultato positivo se comunque un figlio si è impegnato a dare il massimo e si è divertito. Sono gli adulti che devono guidare i più giovani verso una crescita sana. Eloquenti in questo caso sono le parole di Madre Teresa di Calcutta: “La parola convince, ma l’esempio trascina. Non ti preoccupare se i tuoi figli non ti ascoltano, ti osservano tutto il giorno”

CONCILIARE SCUOLA E SPORT SI PUÒ!Mini guida per GENITORI al fine di sopravvivere alla nuova stagione scolastica e sportiva dei figli

La scuola è iniziata da poco più di una settimana e le vacanze sono già un lontano ricordo. Come affrontare al meglio a livello familiare gli impegni scolastici e sportivi? Sappiamo bene che l’inizio, solitamente, non è un momento facile per i figli ma anche per i genitori ….  sopravvivere si può! Anzi, con la giusta organizzazione  la nuova stagione di impegni dei figli può diventare un appuntamento utile e arricchente anche per mamma e babbo.

  1. Parola d’ordine: ORGANIZZAZIONE

Tutti in famiglia devono essere a conoscenza del calendario scolastico e sportivo.

E’ importante averlo sotto osservazione sempre, in modo da avere chiaro quali siano le giornate maggiormente impegnative per i vostri figli che potrebbero richiedere di anticipare lo studio nel weekend. Ciò, vi permetterà di conciliare gare e impegni familiari senza stress.

E veniamo al punto numero.

2. Parola chiave: AUTONOMIA

I giovani studenti della scuola primaria devono essere sostenuti e accompagnati nell’organizzazione… accompagnare non vuol dire sostituirsi a loro. Troppo spesso ascolto racconti di mamme che studiano più dei loro figli. Sicuramente è importante partire da obiettivi semplici e concreti; non possiamo aspettarci che i figli seguano ed eseguano alla lettera le nostre indicazioni, spesso anche molto imperative. Dobbiamo aiutarli con piccoli accorgimenti, con facili cambiamenti nell’ abituale routine affinché possano comprendere quanto tutta questa organizzazione possa diventare un valore aggiunto e non un punizione divina.

Qualche esempio pratico? E qui arriviamo al punto numero 3 che va a braccetto con l’autonomia:

         3. Educare alla RESPONSABILITÀ

Prima ancora di pensare a cosa, a come e a quando studiare, è importante che aiutiate i vostri figli a padroneggiare le routine quotidiane. La sera prima, incoraggiateli a preparare ciò che servirà loro il giorno dopo: vestiti da indossare per la scuola, quaderni e libri da mettere nello zaino, merenda/spuntini per la ricreazione, abbigliamento e/o alle attrezzature che servono per fare sport. È attraverso questi semplici gesti giornalieri che i bambini e le bambine imparano a prendersi le proprie responsabilità. Un’ultima cosa ma non per importanza: ricordatevi che anche nell’apprendimento di queste nuove e sane abitudini vale la regola “ognuno ha i suoi tempi, rispettiamoli!”.

I figli più grandi, gli studenti-atleti delle scuole secondarie di primo grado, dovrebbe gestire queste routine e  i propri impegni scolastici in maniera autonoma. Uso il condizionale perché se non fosse mai stato fatto prima nessun lavoro improntato all ’indipendenza e alla responsabilità, è possibile che abbiamo ancora bisogno di un genitore come tutore nella realizzazione pratica di tutto. In questi casi, occorre riparte dal semplice, dalle piccole routine giornaliere.

      4.  CARPE DIEM!

Il viaggio da e verso la scuola e il campo sportivo non è puramente un servizio taxi: si tratta di un tempo prezioso per la famiglia, un momento dove si può raccontare e condividere eventi quotidiani. Per i vostri figli è anche il luogo dove possono essere svolte tutte quelle attività che non richiedono particolare concentrazione, quali ad esempio: rileggere gli appunti,  sistemare i quaderni, ascoltare  un audiolibro per memorizzare alcune cose studiate a scuola.

Per voi genitori tutto questo può essere un grande aiuto e rappresentare un valido termometro della preparazione scolastica dei figli e del clima emotivo con cui vivono gli eventi didattici e sportivi.

      5. GESTIRE IL TEMPO

Le prime settimane di scuola e sport sono molto faticose per tutti, poi i mesi iniziano a scorrere inesorabili nella loro regolare routine. Potete così imparare ad approfittare del tempo in cui i vostri figli praticano sport per sbrigare alcune commissioni, come ad esempio: per andare a fare la spesa oppure per fare una passeggiata o attività all’aria aperta (se l’ubicazione della palestra lo permette) o ancora per fissare un caffè con un’amico/a.

Campeggiare sugli spalti o negli spogliatoi non è d’aiuto per voi che in quel tempo potete fare altre cose né per le vostre creature che nel contesto sportivo hanno il loro maestro da seguire

       6. IL RELAX….

Trovate il tempo di rilassarvi: non è un’eresia.

È un bisogno che serve a TUTTI i membri della famiglia, nessuno escluso!

Sicuramente imparare a organizzarsi  può risultare macchinoso e molto faticoso le prime volte ma una volta preso il via, gli investimenti fatti da tutti saranno ricompensati.

Iniziate già da ora a pensare a qualcosa che vi piacerebbe fare non appena avrete del tempo libero. E piano piano fate in modo che questi pensieri diventino obiettivi da raggiungere a cui bisogna fare posto nell’ incastro giornaliero. Provateci!

Buon anno scolastico e stagione sportiva  a tutti voi!!!!

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